
Mangiate la focaccia, fate ciao ciao ai delfini da dietro i vetri dell’acquario, passate davanti alla casa di Cristoforo Colombo e andate a Palazzo Ducale a vedere la mostra dedicata a Fabrizio De Andrè.
Una mostra che, grazie a una serie di installazioni interattive, non solo si guarda, ma si ascolta e si allestisce su misura. Ogni visitatore è infatti portato a costruirsi il proprio percorso, passando liberamente da una sala all’altra, fermandosi a curiosare nella vita, nella musica e nella poetica del cantautore.
De Andrè si mostra non solo come artista ma soprattutto come uomo, attraverso le testimonianze dirette delle persone della sua vita e i racconti dei personaggi creati dalla sua immaginazione.
Non importa quanto o quanto poco conosciate De Andrè… questa mostra racconta la storia di un uomo che ha trovato il suo posto nel mondo e che ha avuto il coraggio di restarci.
Fabrizio era un sognatore. E ha insegnato a tanta gente a sognare a occhi aperti.
“Ho sempre pensato che la musica debba avere un contenuto, un significato catartico: tutti gli sciamani, gli stregoni di tutti i popoli, che ben conosciamo, usavano il canto come medicina. Credo che la musica debba essere balsamo, riposo, rilassamento, liberazione, catarsi. Più semplicemente la musica, il canto, sono espressione dei propri sentimenti, della propria gioia, del proprio dolore. A volte addirittura un tentativo di autoanalisi e, analizzando te stesso, offri un via agli altri per analizzare se stessi.”
“Le canzoni quindi servono a formare una coscienza. Sono una piccola goccia dove servirebbero secchi d’acqua. Cantare, credo che sia un ultimo grido di libertà. Forse il più serio. Scrivere canzoni sta diventando una responsabilità sociale, ma se ne sono accorti in pochi. Esse entrano a far parte del patrimonio culturale di un popolo, sono parte della coscienza.”
“Sentii fin da subito che il mio lavoro doveva camminare su due binari: l’ansia per una giustizia sociale che ancora non esiste e l’illusione di poter partecipare, in qualche modo, a un cambiamento del mondo. Quest ultima si è sbriciolata presto, la prima, invece, rimane.”
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