Wednesday 20 February 2013

Commercialista superstar


Gli occhiali da sole che indossa sono discutibili: a mascherina, con dei dettagli dorati, più adatti a un parrucchiere che a un commercialista. Ma la cosa che mi infastidisce è che non se li tolga nemmeno qui, sotto i neon di questo ufficio senza finestre dove ci stiamo perdendo l’estate lunghissima in onda sopra le nostre teste.
Il resto dell’abito fa il monaco: cartella di pelle appesantita da documenti, camicia cifrata e corredata da gemelli dorati, abito grigio chiaro e cravatta salmone, scarpe di buona fattura.
Anche il fisico è quello dell’animale da scrivania: una silhouette pingue e leggermente ricurva. La carnagione è rosea, grazie al sole e al cibo della Campania, e le guance rasate in modo impeccabile dispensano note speziate di pregiato dopobarba.

Eccolo, il dottor Cantisani da Santa Maria Capua Vetere, commercialista superstar e idolo di Franca, la collega con cui divido questo ufficio che mi sta ogni giorno più stretto.

È lui che si occupa del personale; purtroppo è talmente disinteressato alle persone da privarmi del saluto quando si installa nel nostro ufficio. Temendo che non si sia accorto che al posto di Patrizia ora ci sono io, Franca mi presenta: solo allora il Dottore, sollevando impercettibilmente gli angoli della bocca, mi dedica uno sguardo eloquente: “ho capito chi sei, ma il contratto non ce l’ho”. Il contratto che, insieme alla sua venuta, aspetto da tre settimane.

Attirati dalla scia di dopobarba, gli altri collaboratori dello studio sfilano in processione al cospetto del Dottore, fogli alla mano, chiedendo le risposte che non hanno ottenuto il mese precedente. 
C’è la segretaria che porta il caffè e mostra la pensione minima della madre, c’è il fonico con il figlio malato che chiede che fine hanno fatto i contributi, quello che ha maturato straordinari per due anni e non li ha mai riscossi, il segretario di edizione con le ricevute per il rimborso della trasferta.
Il Dottore riceve i questuanti senza mai alzarsi dalla sedia, con la mani incrociate sul ventre, dispensa battute in latino e in napoletano insieme ad aneddoti attribuiti alla nonna, donna semplice ma di straordinaria saggezza. E non da’ una singola risposta, lamentando la mancanza di tempo per approfondire la questione. il mese prossimo, assistendo allo stesso teatrino, sarò assalita da un déjà vu.    

Quando vengono finalmente lasciati soli, il Dottore chiede ad un’adorante Franca di fargli il resoconto fiscale, di stampargli un itinerario e di prendergli appuntamento con la direttrice; poi le detta un paio di mail insegandole la punteggiatura, le fa comporre il numero del suo studio per umiliare un’ impiegata in viva voce e si fa portare un altro caffè, per il gusto di vantarsi che dalle sue parti lo fanno più buono.

Solo quando arriva la tazzina scioglie le dita dall'abbraccio in cui riposavano, incrociate sopra l'ombelico.

Nel frattempo si sono fatte le cinque e il Dottore comincia a raccogliere le sue carte e infilarle nella cartella. Lancio una richiesta d’aiuto nello sguardo che viene intercettato da Franca: tanto vale provarci, mi sembrano rispondere i suoi occhi.

“Dottore, poi ci sarebbe il contratto di Claudia da discutere…”  

“Ma Franchina… non vedi come sono stanco?” 

Friday 1 February 2013

Shar Pei

In camerino, cerco di allacciare un paio di pantaloni troppo stretti e per sgombrare il campo d’azione pinzo la maglia tra collo e mento. Quando riesco a chiudere anche l’ultimo bottone, sollevo gli occhi senza mollare la presa e lo noto subito, quel girocollo di pelle superflua. Pappagorgia: suona male e si mostra peggio, in tutta la sua assenza di grazia.

Ho il doppio mento perché paradossalmente sono quasi sprovvista di un mento atto a sostenere quei tessuti che a vent'anni sfidano le leggi della gravità e passati i trenta si arrendono ad esse.

Lascio perdere i pantaloni, e approfitto dello specchio per valutare la gravità della situazione: raddrizzo le spalle, e prendendomi il collo fra le mani tiro la pelle indietro, cercando di stirare la piega. Appena tolgo le mani però, ecco che ritorna, ben definita. Sembro uno Shar Pei. Diventerò uno Shar Pei: questa è solo la prima di una ragnatela di pieghe che si sovrapporrà col passare degli anni al mio contorno.

Al doppio mento non ci sono soluzioni: posso provare a camminare a testa alta, o a indossare sempre la sciarpa, ma devo rassegnarmi  a conviverci.
E pensare che fino al 2007 pensavo di avercelo, un mento… poi un pomeriggio di agosto, mentre ci perdevamo l’uno negli occhi dell’altro ignorando la spiaggia della Sardegna che faceva da contorno, I. mi fa: “certo che a te il mento non te l’hanno proprio dato, eh?” e io gli ho sorriso, perché mi sembrava un’osservazione arguta, ma da quel giorno non ho smesso di cercare il mio mento in ogni superficie riflettente.
Nemmeno in questo camerino, anche se i commenti di I. non li sento da tempo, riesco a vederlo.

Cerco di guardarmi di profilo, e vedo mio padre: quello che ci manca di mento lo recuperiamo di naso; ricordo ancora la sorpresa di scoprirne la metamorfosi, quando nel passaggio tra le elementari e le medie ha preso la sua forma definitiva. La gobba sul naso era il mio unico cruccio, prima della perdita del mento.

Ho letto che gli specchi dei camerini sono montati in modo da toglierti una taglia. Peccato che la luce così abbagliante non faccia un grosso favore al colorito tendente al verde, gli occhi scavati e i numerosi brufoli. Trent’anni e ho ancora i brufoli! Ormoni, dice qualcuno, stress, qualcun altro; adolescenza cristallizzata, è la mia diagnosi.

Non sono mai stata severa con la mia immagine: la mattina, dopo essermi lavata la faccia mi sorrido, per farmi coraggio; se devo risollevare l’autostima mi trucco, mentre quando mi assale lo sconforto vado dal parrucchiere. Possiamo essere più o meno belle in base a quanto la vita ci sta mettendo alla prova, ma possiamo anche vederci più o meno belle, e per lo stesso motivo. Non c’è specchio più impietoso del proprio sguardo.

Quando ero in Sardegna ero in forma: la pelle abbronzata e compatta, grazie all'alternanza di pomeriggi al mare e serate a correre fra i tavoli del ristorante. Le pieghe non avevano ancora fatto la loro comparsa. Vivevo spensierata anche senza mento. E adesso? Cos'è cambiato? Se mi vedessi più bella, sarei anche più contenta? Kate Moss si piace davvero?

Quando bussano alla porta, istintivamente lo sguardo si sposta sui pantaloni, che restano troppo stretti da giustificarne l’acquisto. Mi rivesto e prima di lasciare il camerino mi guardo sorridermi.

Oggi ho passato fin troppo tempo a guardarmi fuori: esercizio interessante, ma incompleto: per rispondere a tutti i dubbi che mi sono scoppiati in testa dovrei trovare uno specchio per guardarmi dentro.