Io ho
imparato a leggere a 5 anni, perché ho giocato tantissimo con il grillo
parlante che mi ha portato santa Lucia. Adesso ho 6 anni e mezzo e sto
imparando a scrivere in corsivo.
La zeta in
corsivo maiuscolo è difficile: è piena di pance e trattini, e mi esce tutta
storta. Perché il mio cognome inizia proprio con la zeta? Suor Andreina sta
passando fra i banchi a controllare che abbiamo scritto il nostro nome corretto
sul quadernone di ortografia; lei è la nostra la maestra: è vecchissima, perché
ha i capelli grigi che le escono dal velo, e ha lo stesso odore che sento
quando prima di pranzo vado in cucina a prendere il cestino con il pane da
portare in refettorio.
A mia mamma suor Andreina piace perché è
severa, a me non piace perché è troppo severa.
Ecco, ho
fatto un pasticcio: ho scritto il mio nome tutto a penna e non riesco a
cancellare la zeta con la gomma, nemmeno se lecco il lato blu come mi ha fatto
vedere Marco. La mia zeta non sembra la zeta che suor Andreina ha disegnato con
il gesso sulla lavagna... la mia zeta è proprio brutta. Adesso strappo il
foglio e ci riprovo.
Oggi sul
banco ho l'astuccio delle Barbie di Lidia. Lidia è la mia amica del cuore, e ci
scambiamo le cose: lei mi ha prestato le penne che profumano di frutta e io le
ho dato il mio temperino a forma di lattina di coca cola. Lidia però non è la
mia vicina di banco, anche se a me piacerebbe molto. In classe siamo in 22, 15
maschi e 7 femmine, e vicino a me ci sono Stefano da una parte e la finestra
dall'altra.
La mia
scuola è più bella dell'asilo di mia sorella perché qui c'è un giardino
grandissimo, con le altalene che vanno veloce e un campo da calcio vero. Dentro
al giardino vive un pavone, tutto blu e verde: a me fa un po' paura perché
quando strilla sembra un elefante, però quando guardo fuori dalla finestra
dell'aula lo cerco sempre. A volte le suore lo lasciano uscire dalla gabbia, ma
non quando facciamo ricreazione. Settimana scorsa ho trovato nel prato una
piuma della coda, di quelle che il pavone usa per fare la ruota e l'ho regalata alla mamma.
A me piace
tantissimo colorare, e anche a Luisa, la mia sorellina, ma lei è piccola e non
riesce a stare nelle righe. Ieri, durante educazione artistica, abbiamo
colorato l'autunno; era tutto su una fotocopia: una zucca, tre castagne e due
foglie cadute da un albero. Dato che ora sono grande, posso usare i pastelli acquerellabili,
che devo stare attenta a non far cadere, altrimenti si rompe la mina dentro e
ogni volta che si temperano si stacca la punta. Io ho una scatola di metallo
con 25 pastelli acquerellabili che tengo sotto al banco e quando li uso poi li
rimetto sempre via in ordine di colore, dal bianco al nero.
Quando
dovevo colorare l'autunno ho preso il viola, il mio colore preferito, e ho
colorato la zucca. Sono stata velocissima. Ma quando ho chiamato suor Andreina
al banco e la ho fatto vedere cosa avevo fatto, lei non ha sorriso come fa
sempre la mamma quando le porto i miei disegni. No, lei mi ha detto: “Claudia,
le zucche non sono viola, sono arancioni”. Poi ha preso un'altra fotocopia e
due dei miei pastelli, quello arancio chiaro e quello arancio scuro, e ha
colorato un pezzo di zucca, facendo le sfumature. “Si fa così”, mi ha detto
“vai avanti da sola”.
Mi sono guardata intorno: tutti i miei compagni stavano
colorando la zucca di arancione.
Per fare le sfumature come quelle di suor
Andreina, lecco la punta del pastello, perché è così che si trasforma in acquerello.
Ha un sapore buonissimo, anche se non sa di arancione.
Quando
sentiamo bussare alla porta, tendiamo l’orecchio, 22 pastelli si fermano a
mezz’aria e 22 paia di occhi guardano la maestra: suor Andreina va ad aprire,
fa entrare un uomo con dei grossi baffi neri e ci dice: “Bambini, questo è il
sindaco di Rodengo Saiano, salutate”. Io non so cosa fa il sindaco di lavoro,
ma so che è una persona importante. Io e i miei compagni diciamo “Buongiorno”,
perché ai grandi non va bene dire “ciao”. Il sindaco non dice nulla, guarda i
nostri disegni appesi alle pareti e la zeta sulla lavagna, poi sorride e se ne
va. Quando il sindaco chiude la porta però, suor Andreina non sorride: è tutta
rossa in faccia, ha le mani chiuse e pugno e urla “siete un branco di somari,
dovevate alzarvi!”.
Siamo stati
davvero così somari? Noi ci alziamo sempre quando entrano le maestre, chi lo
sapeva che il sindaco è più importante delle maestre? E poi il sindaco non sembrava
arrabbiato, suor Andreina invece sì.
Io non
voglio che Suor Andreina si arrabbi: quando si arrabbia strilla più forte del
pavone che sembra un elefante, quando mi sgrida io mi metto a piangere e quando
piango i miei compagni si mettono a ridere, e a me non piace e così piango
ancora di più.
Ho pianto in
classe quando una volta mi sono dimenticata di fare i compiti di matematica, e
Suor Andreina mi ha messo un brutto voto. Non avevo mai preso male, io prendo sempre bene, e a volte benissimo.
Ma quella
volta sul quaderno c’era scritto male grande,
in rosso, con tre punti esclamativi e a penna. Non potevo cancellarlo, e avevo
paura a dirlo alla mamma, ma quando lei lo ha visto mi ha spiegato che non era
successo niente, e che se la prossima volta sto più attenta non succederà più.
Quando arrivo
a casa il pomeriggio la mamma prepara la merenda e io guardo i cartoni con
Luisa. I miei cartoni preferiti sono i puffi. Io vorrei essere puffetta, ma la
mamma mi taglia sempre i capelli corti come un maschio. Gargamella, che è
cattivo perché vuole mangiare i puffi, ha un vestito lungo e nero come quello
di suor Andreina. Io e i miei compagni invece abbiamo tutti il grembiule blu, e
sembriamo proprio i puffi.
Certi giorni
mi piacerebbe essere un puffo perché loro non vanno a scuola e non devono fare
i compiti. Ma poi mi ricordo di Gargamella e penso che anche se suor Andreina a
volte è cattiva, almeno lei non vuole mangiarci.