Monday 3 June 2013

Sguinzagliata

Rieccomi!

mi spiace non averti dato grossa soddisfazione l’altra sera quando ci siamo incrociati su Skype, ma devi capirmi: questa è la mia ultima settimana di lezione e sto dando fondo alle ultime energie rimaste.
Ho come l’impressione che a tutti sia concessa una quota stabilita di parole da utilizzare nell'arco della giornata, e che io esaurisca sempre le mie a metà pomeriggio.

Un po’ è colpa del mio lavoro: mentre volteggio con disinvoltura davanti alla lavagna brandendo un pennarello manco fosse una bacchetta magica e declamando l’intera tabella dei verbi irregolari che risuonano come formule oscure alle orecchie dei miei studenti, sono costretta a parlare.
Non è semplice mania di protagonismo: più bravo sei come insegnante, meno parole utilizzi e soprattutto deleghi direttamente il piacere della scoperta di una nuova lingua a chi la vuole imparare. Ma io non sono ancora una brava insegnante.
Sono un’insegnante brava, però: sarà merito dell’impegno che ho messo in circolo, se quello che era iniziato come un esperimento per pagare l’affitto si sta trasformando in un lavoro, o meglio in una professione. Perché a me, in fondo, mentre uso il pennarello come la bacchetta di un direttore d’orchestra per far ripetere alla classe come un mantra le parole dalla pronuncia più ostica, le giornate passano rapide e spesso liete. E forse, proprio per sovrastare la mia mania di protagonismo, i miei studenti dicono la loro, e lo fanno quasi sempre in inglese.

Ieri sera, nella migliore tradizione da scuole dell’obbligo, sono uscita a cena con una delle mie classi per festeggiare la fine del corso. Dopo aver deciso di comune accordo di usare la nostra lingua madre una volta varcata la soglia del ristorante, abbiamo passato la serata a passarci vassoi, riempirci bicchieri e raccontarci avventure di viaggio. Si è instaurata da subito una familiarità che non ti aspetti in un gruppo di persone che fino a poche settimane prima ignoravano l’esistenza degli altri: una coppia, due mamme, una nonna, il laureando e il pensionato: una tavolata di individui dalle età e storie più diverse, accomunati dalla curiosità verso l’altro. Un club di cui potrei essere la presidente: da quando sono a Roma, città che mi ha visto approdare in solitaria, mi capita sempre più spesso di trovarmi in compagnia di persone che non mi conoscono e di sentire che non potrei essere in nessun altro posto.

Mi ha fatto ridere il commento che hai fatto al mio regalo di compleanno, anche se gli autori non hanno apprezzato: per tua informazione, non dubito della buona fede dei miei amici, ma mi tocca darti ragione: la bici a Roma può ucciderti più facilmente che nel resto del mondo.
Fra l’altro, rendendomi antipatica sia ai pedoni che agli automobilisti, mi impegno a usare la bici come mezzo di locomozione, e a non destinarla esclusivamente per le passeggiate della domenica.
Nel tentativo di costruirmi dei percorsi che siano i più brevi e possibilmente sicuri, salgo e scendo dai marciapiedi a piacimento, percorro dei tratti contromano e quando il semaforo è rosso faccio lo slalom tra le macchine e mi piazzo in pole position.

Quando è venuto e trovarmi Jon, un paio di settimane fa, ho obbligato anche lui a girare Roma in bici: nel tratto dei fori imperiali, tra piazza Venezia e il Colosseo, l’ho tenuto d’occhio perché perso nella contemplazione ha rischiato di investire un paio di turisti. Quando mostro i tesori di questa città mi inorgoglisco come se avessi qualche merito. E li mostro con lo stesso entusiasmo di quando avevo insegnato a Gilda a portarmi il suo guinzaglio prima di fare una passeggiata, e dovevano saperlo tutti.

Devi venire a trovarmi: sul piano artistico e architettonico sono una pessima guida – catalogo gli edifici in tre periodi storici: romano, rinascimentale e fascista -,  ma ho già una nutrita lista di posti in cui si mangia benissimo. E soprattutto, a differenza di qualsiasi guida turistica, il mio itinerario si basa esclusivamente sulla voglia del momento. Con Jon abbiamo battezzato questo approccio il totally random tour, il cui momento clou è il tourist spotting.
Mentre consumavamo la granita al caffè più buona della capitale osservando attentamente il campionario di umanità riunito davanti al Pantheon in un assolato sabato pomeriggio abbiamo trovato il nostro turista preferito: un russo superaccessoriato a bordo di un Segway che scattava fotografie con l’iPad. Trovava particolarmente pittoresco un gladiatore che si è lasciato ritrarre in numerose pose, e si è quasi spaventato quando questo si è messo a rincorrerlo sfoderando una massiccia spada di legno perché non aveva versato l’obolo.

Oggi non devo lavorare: è una libertà talmente sguinzagliata che passerò il resto della giornata a pensare alle mille cose meravigliose che potrei fare e quando finalmente mi trascinerò fuori di casa sarà ormai troppo tardi per farne almeno la metà. Ma questa è Roma: un buco nero che assorbe i sogni, i progetti e le paure con una forza impossibile da contrastare. 
E se verrai a trovarmi te ne accorgerai anche tu.

Ti abbraccio