Ho il doppio mento perché paradossalmente sono quasi sprovvista di un mento atto a
sostenere quei tessuti che a vent'anni sfidano le leggi della gravità e passati
i trenta si arrendono ad esse.
Lascio perdere i pantaloni, e approfitto dello specchio
per valutare la gravità della situazione: raddrizzo le spalle, e prendendomi il
collo fra le mani tiro la pelle indietro, cercando di stirare la piega. Appena
tolgo le mani però, ecco che ritorna, ben definita. Sembro uno Shar Pei.
Diventerò uno Shar Pei: questa è solo la prima di una ragnatela di pieghe che
si sovrapporrà col passare degli anni al mio contorno.
Al doppio mento non ci sono soluzioni: posso provare a
camminare a testa alta, o a indossare sempre la sciarpa, ma devo
rassegnarmi a conviverci.
E pensare che fino al 2007 pensavo di avercelo, un mento…
poi un pomeriggio di agosto, mentre ci perdevamo l’uno negli occhi dell’altro
ignorando la spiaggia della Sardegna che faceva da contorno, I. mi fa: “certo
che a te il mento non te l’hanno proprio dato, eh?” e io gli ho sorriso, perché
mi sembrava un’osservazione arguta, ma da quel giorno non ho smesso di cercare
il mio mento in ogni superficie riflettente.
Nemmeno in questo camerino, anche se i commenti di I. non
li sento da tempo, riesco a vederlo.
Cerco di guardarmi di profilo, e vedo mio padre: quello
che ci manca di mento lo recuperiamo di naso; ricordo ancora la sorpresa di
scoprirne la metamorfosi, quando nel passaggio tra le elementari e le medie ha
preso la sua forma definitiva. La gobba sul naso era il mio unico cruccio,
prima della perdita del mento.
Ho letto che gli specchi dei camerini sono montati in
modo da toglierti una taglia. Peccato che la luce così abbagliante non faccia
un grosso favore al colorito tendente al verde, gli occhi scavati e i numerosi
brufoli. Trent’anni e ho ancora i brufoli! Ormoni, dice qualcuno, stress,
qualcun altro; adolescenza cristallizzata, è la mia diagnosi.
Non sono mai stata severa con la mia immagine: la
mattina, dopo essermi lavata la faccia mi sorrido, per farmi coraggio; se devo
risollevare l’autostima mi trucco, mentre quando mi assale lo sconforto vado
dal parrucchiere. Possiamo essere più o meno belle in base a quanto la vita ci
sta mettendo alla prova, ma possiamo anche vederci più o meno belle, e per lo
stesso motivo. Non c’è specchio più impietoso del proprio sguardo.
Quando ero in Sardegna ero in forma: la pelle abbronzata
e compatta, grazie all'alternanza di pomeriggi al mare e serate a correre fra i
tavoli del ristorante. Le pieghe non avevano ancora fatto la loro comparsa.
Vivevo spensierata anche senza mento. E adesso? Cos'è cambiato? Se mi vedessi
più bella, sarei anche più contenta? Kate Moss si piace davvero?
Quando bussano alla porta, istintivamente lo sguardo si
sposta sui pantaloni, che restano troppo stretti da giustificarne l’acquisto.
Mi rivesto e prima di lasciare il camerino mi guardo sorridermi.
Oggi ho passato fin troppo tempo a guardarmi fuori:
esercizio interessante, ma incompleto: per rispondere a tutti i dubbi che mi
sono scoppiati in testa dovrei trovare uno specchio per guardarmi dentro.
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