Sunday 30 September 2012

AmoRomA


Settimana scorsa passeggiavo per Trastevere a cartina spiegata.

Sapevo di aver percorso quelle stesse strade mezza vita prima, e i vaghi ricordi fra cui pescavo si concentravano intorno alla piazza con la fontana e la chiesa con i mosaici sulla facciata.
 
Sapevo anche che, grazie all'iconografia cinematografica che spesso cambia la nostra percezione dei luoghi, Trastevere è la Roma che chi vola fin qui dall'altro lato del globo vuole trovarsi davanti agli obiettivi. 
La zona di Trastevere è talmente bella che non c’è bisogno nemmeno di usare Instagram per fotografarla.

Ci sono i panni stesi ad asciugare fuori dalle finestre (panni che sospetto strategicamente posizionati) e ieri (come forse tutti i giorni) c’erano quattro signore sedute in un vicolo a prendere il fresco sotto a un pergolato e da navigate comparse facevano finta di ignorare le dozzine di fotografie che cercavano di rubar loro l’anima verace. 

Trovata la piazza di Santa Maria in Trastevere, ho messo via la cartina e ho deciso che potevo permettermi di perdermi un po’. Gironzolavo macchina fotografica alla mano, alla ricerca di scorci suggestivi (e non c’è da impegnarsi molto) quando vengo fermata da una coppia di vitaminici americani; mi prendono per una local 
– moto d’orgoglio mio automatico, subito ridimensionato dell’accorgermi che la scelta loro era dettata dal fatto che fossi l’unica lì intorno senza la Lonely Planet sottobraccio – 
e mi chiedono se conosco un bar che si trova nelle vicinanze e che è famoso per servire più di 20 birre. Fingo di pensarci, poi confesso che sono a Roma solo da tre settimane ed è la prima volta che mi avventuro a Trastevere. La ragazza spalanca gli occhioni appesantiti da quello che è decisamente troppo mascara per un aperitivo a base di birra e ripete le mie stesse parole, ma con intonazione interrogativa:  “Tre settimane ed è la prima volta qui?” “Sì” rispondo, e ci attacco lo spiegone di come “Roma è una città grande, la gente fa tanta vita di quartiere…”, una mini lezione di sociologia interrotta del mio interlocutore che, recidivo, riprova a estorcermi l’informazione del bar con le 20 birre. Spero che il bar abbia trovato loro.  

E’ colpa dei film. A Roma si gira in Vespa accompagnati da un uomo affascinante che offre sempre da bere, come la Hepburn in “Vacanze Romane”, si fa il bagno di notte nella fontana di Trevi per sedurre un altro italiano affascinante, come la Ekberg in “La dolce vita” e si affitta una stanza senza acqua calda da un’anziana signora cattolica ostile al divorzio, come la Roberts di “Eat, pray, love”.

Questi film hanno fatto sognare anche me, che sono una grande sostenitrice del mangiar bene e del ritagliarsi periodi sabbatici per vivere in un contesto nuovo, ma purtroppo alcuni dettagli sfiorano la fantascienza: a Roma in Vespa si rischia la vita, gli uomini hanno il portafogli blindato, se tocchi l’acqua della fontana di Trevi ti arrestano e l’insegnante di italiano di Julia Roberts è Luca Argentero, non dimenticatelo.   

Mi fanno un po’ tenerezza i turisti di oltreoceano che pensano alle parigine come ad  Amélie Poulain, ciliegina sulla torta dei deliziosi bistrot di Montmartre, e ai romani come ad Albertone Sordi provocato dai maccheroni che arrivano dritti dritti dalle cucine delle osterie. 
Mi sarò macchiata anch'io dello stesso crimine dello stereotipo impietoso, come pensare che i thailandesi siano una popolazione pacifica perché sorridono sempre, ma almeno fra europei ci teniamo d’occhio più da vicino e ci insultiamo in piena coscienza.

Io non conosco Roma. Non la conoscevo prima di trasferirmi qui e non la conosco ora, dopo un mese di approcci misurati. Ho imparato come arrivare in ufficio e come tornare a casa. So dove andare a fare la spesa e grazie a Chiara, premurosa coinquilina, mi muovo a Monte Sacro. Ma poco altro: per me Roma è ancora un magma indefinito di monumenti e persone che qui ho ritrovato; ci vorrà del tempo prima di compilare la mia personale lista di ristoranti, negozi, locali, parchi, posti per gite fuori porta, eventi… 

So con chi mi devo misurare questa volta, e soffro una forma acuta di timore reverenziale: Roma è una città intrigante, come quelle donne bellissime e irraggiungibili di cui ti innamori follemente e per cui pensi valga la pena struggersi. Spero solo che questa volta il mio amore incondizionato sarà ricambiato.

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