Tuesday 22 November 2011

Alone, not lonely


Nelle ultime settimane mi sono inventata tutta una serie di appuntamenti solo per avere la scusa di portare a spasso me stessa: sono stata al cinema, al ristorante, in sauna e a bere un caffè accompagnata al massimo da un libro.

E non mi sono annoiata mai.

Mi sto viziando in modo ingiustificato, dato che è arrivato il momento di mettersi sotto, e non posso premiarmi così prematuramente, ma tant’è...

Niente quarti d’ora passati a prendere freddo e perdere pazienza a una fermata, chiedendoti se quello che accosta sia l’autobus che ha preso il mio amico; e quando quella in ritardo sono io, niente sms mandati all’ultimo con la giustifica.

L’unica cosa che mi manca è una mano da stringere durante le lunghe passeggiate: ho provato a camminare tenendomi le mani, ma non c’è modo di farlo funzionare come surrogato.

Al ristorante mi metto sempre nel tavolo all’angolo, quello defilato, destinato alle coppie che non vogliono distrazioni mentre si guardano negli occhi: una sedia la uso per la borsa e la giacca, su quella di fronte mi ci siedo io.
“È da sola?” mi chiede il cameriere che si è avvicinato con due menù.
“Secondo te?”, mi verrebbe da rispondere, ma mi limito a sorridere, annuire e strappargli il mio menù dalle mani.

Sono sola. Che non vuol dire necessariamente che mi senta sola. È che a volte non ho grandi alternative: se alle tre di pomeriggio di giovedì mi viene voglia di andare a mangiarmi una ciotola di ramen in cui nuota un filetto di salmone, basse sono le probabilità che riesca a trovare qualcuno che si dimostri non tanto interessato, ma perlomeno libero.

La novità è che, quando la voglia mi assale, la soddisfo così su due piedi, senza lasciare che nessuno mi metta davanti al fatto che potrei benissimo farne a meno, o almeno aspettare un momento più adatto, tipo quando posso invitare qualcuno.

Sin dall’adolescenza ho convissuto con un bisogno di socialità che sfiora la dipendenza, e fra tutte le persone che conoscevo quella che mi incuriosiva di meno ero io. La novità è non avere più paura di rimanere da sola. Bastava provarci.

Nel 2011 mi sono concessa il lusso di riprendermi il mio tempo: ho lavorato il poco che bastava per mantenermi, ho viaggiato come non ero mai riuscita a fare e ho imparato a non preoccuparmi di quello che gli altri possono pensare; se vado al cinema da sola “povera, è single, e ha quasi 30 anni!”, se passo un paio di mesi senza lavorare “povera, con tutto quello che ha studiato, e ha quasi 30 anni!”.

E non è che ora che ho scoperto di piacermi non provi più il desiderio di passare tempo con i miei amici: Il tempo che dedichiamo agli altri non può essere direttamente proporzionale all’amore che proviamo per loro: ci si mette la vita, con i suoi doveri e le sue distanze, a intralciarci i piani.

E nonostante questa dichiarazione di indipendenza, non sono stata lasciata da sola: venerdì scorso mi è successo qualcosa di straordinario.
Dovevo uscire a cena con delle amiche: il piano era quello di una tranquilla serata fra donne. Angela mi recupera alla fermata del tram: è da sola, e delle altre non si è più saputo nulla. Poco male.
Ci incamminiamo verso il ristorante, e sto ancora parlando con Angela quando impugno la maniglia e nel bel mezzo di una frase apro la porta.

C’è una tavolata con una dozzina facce amiche che mi sorridono.
Smetto di parlare. Cerco di fare mente locale.

Inizialmente penso di essermi dimenticata il compleanno di qualcuno:

“Cazzo, che figura di merda! Ma tutti allo stesso ristorante?”

Questo pensiero è seguito a ruota dalla presa di coscienza che se quella è una festa di compleanno, io non sono stata invitata:

“Non sono in lista? Eccheccazzo!”

Solo dopo essermi sentita in colpa e offesa, tutto questo pietrificata sulla soglia, capisco che quelle persone sono lì per me. E che non hanno smesso di sorridermi fino a quando il sorriso non gliel’ho restituito:

“Oh cazzo… Festa a sorpresa… Per me!”

C’è ancora qualcuno a cui fa piacere avermi intorno.
E trovarmeli tutti raggruppati nella stessa dimensione spazio-temporale ha reso lampante la portata di quello che due anni a Francoforte mi hanno regalato e che nessuno, nemmeno la Claudia che mi sta facendo una corte spietata, potrà portarmi via.

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