Monday 5 September 2011

Taxi driver


Che poi secondo me i tassisti, ammesso che non siano già folli quando scelgono di guadagnarsi da vivere stando seduti otto ore al giorno in mezzo al traffico, a fare 'sto lavoro matti lo diventano davvero.

Non tutti si trasformano in ex marine assetati di violenza come Robert De Niro in Taxi Driver - You talkin' to me? You talkin' to me? - ma sì, insomma, poco ci manca.

Non è che ce l’ho con la categoria sindacale: quello che scrivo è il risultato di una ricerca sul campo in cui la cavia ero io, e non un topone a pelo lungo al sicuro nel suo bel laboratorio.

Premessa: prendo il taxi controvoglia e solo quando sono obbligata (gli scatti del tassametro, per me che uscire a cena significa concedersi un kebab al chiosco qua sotto, mi fanno venire la tachicardia), per cui i soggetti sotto osservazione sono i tassisti che fanno il turno di notte, quelli pericolosi per davvero.

Ed è vero che il taxi non lo prendo spesso, ma ogni volta che faccio conoscenza con il tassista mi viene l’istinto di aprire la portiera e lanciarmi dall’auto in corsa, tanto il terrore di essere capitata tra le grinfie di un serial killer.

Ho incontrato l’esemplare che vuol fare lo splendido: appena sono salita e gli ho chiesto, in tedesco, di portarmi in stazione, e lui mi fa “francese?”.
Lusingata, ma anche no. Dovresti sentire come pronuncio “baguette”.

Dopo uno scambio di battute finalizzato a rompere l’imbarazzato silenzio dell’abitacolo – da dove vengo io, da dove vieni tu, perché a Francoforte… - al terzo semaforo l’intraprendente mi aveva già chiesto il numero di telefono.
Lusingata, ma anche no. Nonostante l’abbia intuito anch’io che siamo fatto l’uno per l’altra.

Ma l'esperienza irripetibile l'ho vissuta con il melomane alla guida: questo non aveva nessuna intenzione di fare conversazione; appena assimilato l’indirizzo, ha acceso la radio, a un volume decisamente superiore al sottofondo.

Musica classica. Mozart. Il Requiem di Mozart: quello che tuona “Dies irae, dies illa solvet saeclum in favilla, teste David cum Sybilla”. E devo dire che, alle 3 e mezza del mattino, ascoltarlo mentre si guarda scorrere una città addormentata fuori dai finestrini abbassati per fare entrare la brezza estiva, beh, mi ha fatto un certo effetto.
Ero talmente stordita dall’atmosfera surreale che non mi sono ritrovata a fare l’inevitabile accostamento con l’ossessione di Alex di Arancia Meccanica per Beethoven.

Finché, a un semaforo rosso, l’incantesimo si rompe: ci si affianca un altro taxi, anche questo con i finestrini abbassati e con la musica a esclusivo appannaggio dell’autista che, mentre va a caccia di clienti, si lascia pettinare dai bassi di un pezzo Reggaeton.

Il mio tassista non può nascondere il fastidio provocato dalla palese ignoranza musicale del collega: scuote la testa e aziona l’alzacristalli, come a voler preservare l’onore di Wolfgang Amadeus.

Un uomo che non si vuole arrendere al declino della civiltà occidentale non può che ispirarmi simpatia. E quando arriviamo a destinazione gli vorrei lasciare, oltre ai 10 euro (per 3 chilometri, ma siamo impazziti?) un trolley pieno di solidarietà.

A quanto pare anche i tassisti, oltre all’ulcera, hanno un cuore.

No comments:

Post a Comment