Thursday 26 January 2012

Ameni inganni

“Culicchia, non ci siamo: hai scritto un libro inutile”. Così avrebbe dovuto dirti il tuo editor. Non ti avrebbe fatto piacere, certo, ma non avrebbe deluso così tante persone che hanno amato le tue storie.
Perché nella tua carriera hai scritto pagine di struggente bellezza, ma nelle duecento e passa pagine del tuo ultimo romanzo non ne ho trovato nemmeno l’ombra.
Hai scritto un libro facile, superficiale, come una sveltina nei bagni di una discoteca.
Noi lettori vogliamo lasciarci sedurre dai personaggi, vogliamo passare con loro languide notti di passione e tenerezza, vogliamo il contorno di champagne, fragole, cioccolato, candele profumate e bubble bath, per non uscire di metafora. Possiamo sembrare anche lettori facili, in realtà siamo pronti per qualcosa di meglio, di inaspettatamente grandioso, come Julia Roberts in Pretty Woman.
Sì, questo è il mio ideale romantico.

Un libro che si esprime al meglio nel risvolto di copertina è come un film il cui il trailer riporta solo e tutto quello che vale la pena vedere. Il resto in entrambi i casi è tempo perso.
Per sicurezza il tuo libro oggi lo riporto in biblioteca, prima che mieta altre vittime tra i miei curiosi e famelici familiari, che ancora leggono quello che gli capita sotto mano senza prima contare le stelline delle recensioni. E meno male che uso ancora la tessera della biblioteca: in libreria non hanno mai sperimentato la formula “soddisfatti o rimborsati”, e se avessi comprato la bella edizione rilegata con l’ammiccante illustrazione psichedelica sarei rimasta con diciotto euro in meno nel portafogli, e mezzo chilo di carta in più a prendere polvere su uno scaffale. Perché questo, signor autore, è il tipo di libro che non finisci nemmeno per perdere a casa di qualche amico a cui l’hai prestato: questo libro ti rimane sul groppone, a ricordarti dei tuoi acquisti sbagliati come quel paio di scarpe in velluto viola cardinalizio che non sono mai riuscita a indossare (tanto belle nella scatola, tanto improponibili con qualsiasi accostamento). O come i libri di Fabio Volo.
Solo che lui non ha la tua credibilità letteraria da difendere.

Ma esponiamo il capo d’accusa: la premessa del romanzo è che Alberto, un quarantenne con tendenze autistiche, ossessionato da riviste porno e modellini di astronavi, perde la madre con cui ancora viveva e deve cavarsela da solo, affrontando problemi pratici come la gestione della casa e cercando di venire a patti con le sue immaginarie relazioni. Ma poi nel libro manca tutto il resto: la premessa è la storia, che non si smuove, non si sviluppa, non devia fino ad arenarsi in un finale che sa di già letto.

Cos'è successo, Culicchia? Lo so, non è un momento facile per nessuno, ma sono sollevata all'idea di non aver contribuito direttamente a pagarti il mutuo.

Non mi sei sembrato particolarmente ispirato, tutto qui… Forse voi artisti potete concedervi il lusso di innestare il pilota automatico: se sei davvero bravo a fare una cosa, e quella cosa ti esce sempre bene, a una certa non c’è più bisogno di sperimentare, e si riesce a rispettare le scadenze venendo allo stesso tempo incontro ai gusti del pubblico.
Io invece, che non ho un talento particolare, riesco a ritenermi soddisfatta di quello che faccio mai per un caso fortunato, ma solo quando vedo il frutto di tante ore passate in febbrile attività e con una paura immensa di fare un grosso errore.

Ecco, forse a te è mancato il coraggio: hai scelto di andare sul sicuro, e hai raggiunto un risultato mediocre.

Ti lascio con un consiglio: la prossima volta, invece che portare il lettore a riconoscersi nel protagonista con le sue nevrosi e disgrazie, cerca di ispirarlo, con personaggi che compiono gesti piccoli e belli, facili da imitare. Ce n'è di bisogno.

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